La coppia e la sua dimensione

La coppia e la sua dimensione

Gibran Khalil Gibran (Bsharri, 6 dicembre 1883 – New York, 10 aprile 1931) è stato un poeta, pittore e filosofo libanese ed ha scritto questa poesia che credo rappresenti bene un buon funzionamento della coppia.

Il Profeta
Allora nuovamente parlò Almitra, e domandò:
Che cos'è il Matrimonio, o Maestro?
Ed egli rispose dicendo:
Voi siete nati insieme
e insieme starete per sempre.
Insieme, quando le bianche ali della morte
disperderanno i vostri giorni.
Insieme nella silenziosa memoria di Dio.
Vi sia spazio nella vostra unità,
e tra voi danzino i venti dei cieli.
Amatevi l'un con l'altra,
ma non fatene una prigione d'amore:
Piuttosto vi sia tra le rive delle vostre anime
un moto di mare.
Riempitevi a vicenda le coppe,
ma non bevete da una coppa sola.
Datevi cibo a vicenda,
ma non mangiate dello stesso pane.
Cantate e danzate insieme e siate giocondi,
ma ognuno di voi sia solo,
come sole sono le corde del liuto,
sebbene vibrino di una musica uguale.
Datevi il cuore,
ma l'uno non sia rifugio all'altro.
Poiché soltanto la mano della Vita
può contenere i vostri cuori.
Ergetevi insieme, ma non troppo vicini:
poiché il tempio ha colonne distanti,
e la quercia e il cipresso
non crescono l'una all'ombra dell'altro.

Chi non conosce i dolori e le paure di una separazione? Abbiamo vissuto tutti le sofferenze che si provano quando ci si separa da qualcuno. Quando ci siamo distaccati dal caldo utero materno e siamo stati catapultati in un mondo pieno di luci e rumori; il primo giorno di scuola; la prima notte che si dorme fuori di casa…La separazione è parte integrante della nostra vita eppure ne abbiamo tanta paura e continuiamo a soffrire così profondamente quando succede.
L’essere umano, a differenza del mondo animale, rimane con i genitori per molti anni e si abitua al fatto che non si separa quasi mai da loro, per lo meno affettivamente, ma possiamo dire che anche materialmente la separazione del figlio non avviene quasi mai: rimane a vivere con i genitori, viene ancora mantenuto da essi, con loro torna a vivere dopo un divorzio. Il messaggio socio culturale che arriva ai figli è quello di non prevedere alcuna forma di reale separazione. Perché stupirsi, quindi, se la maggior parte delle persone ha paura di doversi separare da qualcuno?
Forse perché la separazione implica un processo di autonomia e sempre più spesso non veniamo spinti ad imparare ad essere autonomi. Sempre più spesso passiamo da un
rapporto di dipendenza con i genitori ad un rapporto di dipendenza nella coppia. La paura della perdita di questa dipendenza ci fa sentire persi e ci fa temere il distacco e l’abbandono. Si deve quindi conquistare la propria autonomia psichica, intellettuale, economica.
La causa di un divorzio, alle volte, è proprio il timore del distacco. L’angoscia da abbandono si verifica quando le persone sono convinte che, per quanto le cose sembrino andare bene, le relazioni siano destinate al fallimento. Desiderano quindi stare sempre vicino ai loro cari e si arrabbiano o impauriscono di fronte alla possibilità di qualsiasi tipo di separazione. È chiaro che una problematica di questo tipo rende le relazioni molto difficili perché, se si trova una persona con gli stessi problemi, si crea un rapporto di fusione che viene chiamato simbiotico, per cui l’uno non può vivere senza l’altro, con tutte le conseguenze del caso. Oppure la
persona che non ha questa angoscia o paura della separazione dopo un po’ scappa dalla relazione perché la sente soffocante e opprimente, ed è vero! Quindi le relazioni affettive sono destinate a fallire. In pratica, si ha talmente paura della separazione, che alla fine la si incontra.
Gibran Khalil Gibran descrive perfettamente nella sua poesia quella che è la “giusta distanza” che vi deve essere nei rapporti di coppia.
La giusta distanza è il modo migliore per entrare veramente in contatto con l’altro ed amarlo ed essere amati nel giusto modo.
Come dice Fritz Perls:

"Io sono io. Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
Io faccio la mia cosa. Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare."


Impegnarsi “verso” l'altro è in assoluto la regola di buon senso più difficile da seguire in un rapporto di coppia. Impegnarsi verso l’altro implica l’impegnarsi verso noi stessi. Impegno vuol dire innanzitutto fedeltà e rispetto prima di tutto di noi stessi e poi per l'altro. Nella dimensione psicologica l'impegno assume il significato di fiducia e aiuto fornito al partner per sostenerlo nel suo percorso di autorealizzazione e crescita personale; in ambito affettivo l'impegno sottintende la presenza non solo fisica, ma soprattutto emotiva sia nei momenti belli che in quelli difficili della vita; in ambito professionale, infine, l'impegno per il proprio partner si estrinseca con la disponibilità a cercare insieme occasioni e opportunità che favoriscano il suo successo in ambito lavorativo, magari attraverso una più efficace strategia di valorizzazione delle sue risorse personali, che abbia anche lo scopo di migliorare la sua autostima. Ma perché è così difficile impegnarsi verso se stessi e quindi verso l'altro? Forse perché l'impegno richiede sacrificio, rinunce, capacità di donarsi senza pretendere nulla in cambio, impiego di risorse personali a favore dell'altro, altruismo o meglio ancora assenza di egoismo, dedizione. In una parola “amore”, un sentimento davvero grande, capace di raccogliere in sé tutte queste cose che solo chi ama sinceramente riesce a ritrovare con assoluta naturalezza nel suo repertorio comportamentale. Ma come si fa ad amare l’altro in questo modo se prima non si ama sè stessi in questo modo?
Le giusta distanza permette di essere intimi ma non fusi in un unicum. Questo non vuol dire non essere uniti.
Molte coppie si rompono perché non condividono interessi, desideri,sogni o svaghi comuni. Ognuno comincia a praticare i propri hobby separatamente e si perde ogni vantaggio a restare insieme. Anche la condivisione di passioni, infatti, soddisfano  bisogni emotivi e interesse reciproco degli individui. Ma condividere vuol dire possedere insieme, partecipare insieme, vuol dire che c’è bisogno di due persone distinte e separate. Perché vi sia il NOI della coppia c’è bisogno che vi siano due persone. Solo da due individualità può nascere la vera intimità.  La tenuta di una coppia nel tempo è direttamente proporzionale al grado di intimità che i partner riescono a stabilire tra di loro. L'intimità è uno straordinario collante ancora più forte della passione, ma che per funzionare ha bisogno di essere continuamente alimentato attraverso una fiducia reciproca profonda e incondizionata. Solo su queste basi è possibile rivelarsi completamente all'altro, svelare i propri segreti, mettere a nudo le proprie debolezze o paure senza il timore di apparire fragili, vulnerabili o di essere giudicati per le proprie “zone erronee”. L'intimità, quella vera, richiede soprattutto coraggio ed onestà intellettuale per affermare la propria identità, oltre alla consapevolezza che essa non è mai un punto di partenza, ma un
punto di arrivo, un traguardo che si conquista pian piano nel tempo.

 

Articolo divulgativo a cura di Dott.ssa Cristina Puglia Psicologa e Psicoterapeuta