Formazione e Azienda

Formazione e Azienda

Le Aziende e i datori di lavoro in genere, dovrebbero comprendere il concetto di formazione a cui la Psicologia del Lavoro, secondo me, dovrebbe far riferimento. Per far questo analizzeremo brevemente quella che è stata la storia della formazione, approfondendone i nuovi sviluppi ed in particolar modo daremo importanza alla formazione intesa come “cura di sé”, come meditazione ed introspezione.

Storia della formazione

Non si può parlare in Italia di formazione fino agli anni Sessanta, anni del boom economico che hanno visto l’Italia trasformarsi da paese agricolo a paese industriale. E’ proprio in questi anni che la formazione incomincia ad istituzionalizzarsi.

Negli anni Settanta hanno inizio le prime esperienze di formazione manageriale, ma la formazione rimane un prodotto da fornire su commissione (corsi, seminari, stage formativi ecc.).

Gli anni Ottanta, caratterizzati da instabilità economica, vedono svilupparsi la cultura delle capacità emozionali orientata a cogliere gli aspetti latenti e profondi degli individui e dei gruppi. Ciò nonostante la formazione resta un processo teso alla massimizzazione dei risultati ma, rispetto al decennio precedente, la formazione diviene elemento costitutivo dello sviluppo organizzativo.

Il vero sviluppo della formazione avviene dagli anni Novanta in poi. Infatti, in seguito alla globalizzazione, alla velocità dei mercati e dello sviluppo tecnologico, la formazione si afferma al pari delle discipline economiche ed amministrative. Acquisisce così sempre maggiore importanza, tanto da assumere valore a sé distaccandosi dall’etichettatura di formazione aziendale e divenendo anche formazione rivolta al singolo, non per acquisire competenze, ma per lavorare sulla soggettività dell’individuo stesso. Questi sono gli anni in cui la dimensione soggettiva assume grande importanza. La formazione incomincia a non essere più intesa come accumulazione di conoscenza, ma come processo volto a realizzare le condizioni dell’imparare ad imparare e dell’ imparare sempre[1].

Un nuovo concetto di formazione

Formazione vuol dire sia acquisizione di competenze e abilità, sia processo di crescita e di esperienza durante il quale il soggetto “si forma”, si specifica e costruisce il proprio sé individuale e sociale. Vuol dire quindi “prendere forma” nel rispetto delle scelte del tempo storico, in equilibrio con il mondo circostante e nello stesso tempo “assumere la propria forma” potenziando le proprie risorse e le proprie aspettative e quindi “dare forma”, cioè dare e prendere dalla realtà aderendo e differenziandosi da essa in una continua e dinamica situazione di apprendimento[2].

La formazione è cambiata, non solo perché il lavoro, nelle sue declinazioni tecnologiche e culturali è cambiato, ma anche perché la concezione dell’età adulta si è modificata. Gli obiettivi della formazione sono divenuti altri (non solo competenze, ma core competences in cui la conoscenza di se stessi è la “competenza” più importante) perciò sarebbe sbagliato ridurre i luoghi della formazione unicamente nell’azienda o alle attività imprenditoriali.

L’attenzione della formazione si sposta dall’azienda (dai suoi ruoli e dai suoi compiti) verso i soggetti ed il loro apprendimento (quest’ultimo inteso come fattore fondamentale dello sviluppo individuale).

La formazione attualmente comprende forme assai diversificate di iniziative e di interventi, ciascuno dei quali definisce i propri obiettivi in relazione alle variabili che ne caratterizzano la natura (scopo, tipo d’utenza, contesto ecc..).

Si deve quindi distinguere tra formazione work–related e non, cioè tra formazione funzionale alla costruzione di competenze professionali e formazione centrata sullo sviluppo personale.

La formazione diventa il mezzo adeguato per coinvolgere i soggetti nell’azione di crescita bio-psico-culturale, per aiutarli a prendere consapevolezza del loro ruolo. Tutti questi cambiamenti hanno portato la formazione ad interrogarsi sul proprio senso e sulle proprie ragioni, mettendo in discussione i propri paradigmi tradizionali. “Se l’apprendimento deve essere funzionale al cambiamento individuale, organizzativo e collettivo, non basta imparare, secondo una triade troppo acriticamente ripetuta, ovvero il sapere, il saper fare, il saper essere: la competenza più importante per il cambiamento è il saper divenire”[3].

Viene, quindi, definito il cambiamento ed analizzate le funzioni svolte nei processi formativi dai sentimenti, dall’emozioni, dagli affetti, dai desideri.

In questo modo la formazione centrata sullo sviluppo del soggetto non è più “una sottospecie di educazione” ma diviene evoluzione del concetto stesso di educazione.

La formazione diventa territorio di frontiera dove i grandi incontri e i grandi cambiamenti possono essere attuati: incontro fra psicologia e filosofia, pedagogia sociologia ecc.

La formazione non è soltanto un momento in cui si apprende, ma è anche un momento in cui si diventa adulti: formarsi per conoscere, conoscersi e stare bene.

Proprio per questo la formazione si avvale di strumenti diversi come la lettura, la meditazione, la scrittura, il raccontarsi; tutte attività che permettono la comprensione dei processi di costruzione della nostra identità. La formazione come cura di sé vuol dire imparare a pensare allo star bene, come un processo psicologico d’apprendimento.

Se le aziende comprendessero l'importanza del formare il proprio personale in quest'ottica, rendendo le persone e la loro formazione parte attiva dello sviluppo aziendale, potrebbero immediatamente beneficiare della linfa vitale che "la formazione così intesa" potrebbe portar loro anche in termini di produttività e di forte ritorno economico.

Star bene vuol dire “esercitarsi a trovare diversi stadi di equilibrio soddisfacenti nei momenti di salute, ma anche nei momenti più difficili. Il benessere è apprendistato d’ascolto, di pazienza, di serenità, di umiltà. Perché sono questi strumenti che mi permetteranno di attraversare la vita e i suoi eventi con passi e sguardi diversi. Il benessere non è qualcosa che si eredita, che si ruba o che si ottiene con la forza. Il vero benessere è qualcosa che si impara”[4]. Lo stesso vale per il benessere lavorativo ed Aziendale.

 


 

[1] Sullo sviluppo storico, cfr: Fontana A., Educazione degli adulti e formazione aziendale e manageriale in Italia, in Demetrio D., Alberici A., op. cit., pp.93-111. Sul tema dell’apprendere ad apprendere, cfr: Knasel E., Meed J., Rossetti A., Apprendere sempre. L’apprendimento continuo nel corso della vita, Raffaello Cortina, Milano 2002.

[2] Sarracino V., Luppoli N., op.cit., p. 86.

[3] Bellamìo D., La formazione, il lavoro, la vita, in “Adultità”, 16 (2002), p.21.

[4] Fabbri D., Identità del conoscere. Dalla conoscenza di sé alla comprensione del benessere, in Basti S., Fea M. (a cura di), La droga non parla. Un intreccio di organizzazione e cultura tra azienda sanitaria e scuola, Ibis, Pavia 1997, p.154.

 

Articolo divulgativo a cura di Dott.ssa Cristina Puglia Psicologa e Psicoterapeuta